Proposta di modifica all’articolo 19 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, in materia di incompatibilità dell’esercizio della professione di avvocato

CAMERA DEI DEPUTATI
PROPOSTA DI LEGGE
D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI
GRIBAUDO, ORFINI, FASSINA, FRAGOMELI, PEZZOPANE, PINI, ZAN
Modifica all’articolo 19 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, in
materia di incompatibilità dell’esercizio della professione di
avvocato
Presentata il 28 marzo 2018

La proposta mira, sostanzialmente, a consentire la qualificazione come rapporto di lavoro subordinato dell’attività prestata dagli avvocati presso studi legali altrui, evitando che alla situazione di fatto (soggezione al potere direttivo, organizzativo e gerarchico del dominus) corrisponda una condizione lavorativa priva di tutele, e promuovendone la contrattualizzazione.

La questione è a mio avviso estremamente delicata poiché riguarda la libertà dell’avvocato.

Come risulta evidente agli occhi di tutti la professione di avvocato sta vivendo un periodo di grande cambiamento.

Recentemente Unicredit ha annunciato di essere entrata come socio di capitali nello Studio La Scala che è uno dei maggiori player in Italia nel settore del recupero crediti. Questa notizia avrà effetti dirompenti sul mercato poichè tutti gli attuali fiduciari di Unicredit dovranno ricollocarsi sul mercato: Unicredit ha ormai il “suo” studio legale. Gli ex fiduciari della banca sono studi legali molto ben strutturati che andranno a competere con i piccoli per l’accaparramento delle poche briciole che restano. Questa involuzione è destinata a dare il colpo di grazia a migliaia di avvocati che progressivamente saranno destinati a chiudere i battenti. Sono certo che all’iniziativa di Unicredit ne seguiranno altre da parte di istituti finanziari, utilities ed assicurazioni prima di tutto. Il capitalismo neoliberista e crudele che imperversa anche nel mercato dei servizi legali, insomma.

Quindi, tornando alla proposta di legge, ritengo che essa sia animata da nobili motivi, consistenti nella volontà di dare una maggior tutela ai colleghi che di fatto svolgono la professione come dipendenti, subendo tutti gli svantaggi ed essendo soggetti ai rischi della libera professione. Tuttavia con l’istituzionalizzazione del rapporto di lavoro subordinato da parte dell’avvocato che lavori presso studi legali altrui, il rischio che si correrebbe sarebbe maggiore, in termini di sistema, dei possibili vantaggi.

Mi spiego meglio. L’avvocato, come libero professionista, deve poter ascoltare esclusivamente la propria coscienza ed affidarsi alla propria scienza nell’esercizio dell’attività di assistenza e consulenza; deve poter dire di no al proprio cliente (ovviamente senza procurargli pregiudizio alcuno) se ritiene di non proseguire il mandato, quando non condivide gl scopi e le modalità del proprio assisitito; deve essere libero di intraprendere azioni, anche finalizzate alla creazione giurisprudenziale di nuove fattispecie (pensate al danno esistenziale), senza guardare in faccia nessuno e senza dover subire interferenze di nessuna natura. Ad un avvocato dipendente, e quindi subordinato al proprio datore di lavoro, questa libertà non sarebbe concessa.

A mio avviso la previsione di un compenso minimo di legge (mediante reintroduzione dei minimi tariffari obbligatori) sarebbe una misura più efficace a tutela dei colleghi che svolgono la propria attività nel contesto di studi legali di grandi dimensioni, spesso percependo onorari forfettari e da fame; una misura che garantirebbe una maggiore tutela senza rischiare di incidere così pesantemente sul ruolo e la funzione dell’avvocato nel nostro ordinamento che ha, come tutti ben sappiamo, una chiara matrice costituzionale ed un riconoscimento nelle carte dei diritti della persona.

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